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la città

Prof. Sebastiano Fresta

 

Giarre comune della provincia di Catania ha una superficie di Kmq 25, e conta 27.210 abitanti. Gode di una ottima posizione geografica perché posto tra l'Etna e il mare e sulla statale 114 che da Catania porta a Messina.
"Due secoli prima che Giarre si fosse popolata, e di umile sobborgo di Mascali si fosse eretto a Comune autonomo, ivi era una chiesetta, che i naturali avean dedicato a Sant'Agata, ed avea titolo di Sant'Isidoro.
La Chiesa edificata sopra un suolo proprio del Vescovo di Catania, come Conte di Mascali, a spese di lui, dotata da lui, gli appartenne come suo patronato, soggetta però alla diocesi di Messina".
Così il beneficiale D. Giuseppe Musumeci iniziava le sue "osservazioni" contro l'arciprete di Giarre, Don Salvatore Fiamingo, appellandosi alla curia ecclesiastica nel 1867. E ad avvalorare quanto scritto del Beneficiale c'è un documento che si conserva nel Registro Ecclesiasticorum del 1699 nell'archivio arcivescovile di Messina che, nello spirito della visione della "historia" come "testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuncia vetustatis" arricchisce la nostra documentazione sul processo di genesi della comunità giarrese. Il documento riferisce che il Sac. Don Giuseppe Abbate, cappellano della prima "chiesetta" dal 1698 al 1716, dà le prime autentiche informazioni allorquando dice che "essendo rettore della costruzione di detta chiesa il Sac. Don Erasmo Sciacca supplicò all'illustrissimo Vescovo di Catania Mons. Michelangelo Bonadies (1665 - 1686) di dotare detta chiesa di decente dote asserendogli che detta chiesa era molto necessaria e di commodità all'inquilini dell'affitto per udire il sacrificio della Santa Messa e frequentare li sacramenti che, per la gran distanza della chiesa (di Mascali), detti inquilini trascurerebbero di fare e ne avrebbe gran detrimento delle anime, ed ottenne che detto illustrissimo Bonadies dotasse, come infatti dotò, detta chiesa di una tenuta di terra di tumuli 10 una colli benefatti esistenti nella contrada delle Giarre che rende onze dieci l'anno come appare per atto di assegnazione di detto Illustrissimo Signor Vescovo di Catania sotto li 21 giugno 1681. Quale suddetta Chiesa si trova al presente dotata dall'illustrissimo D. Andrea Riggio (1693 -1717) Vescovo della detta città di Catania di onze 16 l'anno da consegnarsi al rettore seu parroco di detta Chiesa sopra una bottega dell'affitto nella stessa contrada delle Giarre, quale dote tanto dell'Illustrissimo Bonadies, quanto dell'Illustre Reggio fu assegnata con clausola "di ottenere" la licenza di poter celebrare ed amministrare li sacramenti." A queste condizioni venne stabilito che "la detta chiesa di Sant'Agata sottotitolo di Sant'Isidoro nella contrada delle Giarre, territorio di codesta terra di Mascali sia sacramentale e che in questa si potesse tenere il Santissimo Sacramento dell'Eucarestia nel Tabernacolo con la devota Venerazione tenendo di(n)anzi l'altare la lampada accesa giorno e notte ad utilità e beneficio dei fedeli ed ammalati per modo di viatico. Inoltre si possa tenere l'olio santo per dare l'ultima unzione all'agonizzanti e l'acqua Santa per battezzare li fanciulli da nascere e tutto ciò per costare ad evidenza di quanto gran pregiudizio sia stato per il passato il non essere la detta chiesa sacramentale; poiché per essere quel luogo Giarre copioso di abitanti e la terra di Mascali lontana due miglia e nel tempo d'inverno si attraversa il fiume (torrente) e molti fedeli sono morti senza Sacramenti".
(Copia dell'Istituzione in Parrocchia della Chiesa di Regio Patronato in Giarre - Messina 2 Giugno 1699).
L'atto costitutivo della emergente società giarrese sta tutto in questi primi documenti anche se con un'ordinanza del 1 maggio 1843 emanata dal Cav. Parisi Giuseppe, Intendente della provincia di Catania, veniva ordinato al Convento di S. Francesco di Catania di astenersi dalla esazione del diritto così detto della Quartucciata, ossia "la gabella di la caxa di lu vinu e la gabella usus vini" nel Comune di Giarre. Diritto che fa supporre un modesto nucleo abitativo in Giarre, durante l'epoca aragonese, dato che tale concessione venne fatta dal Re Alfonso (1416-1458) a Giovanni Montecateno, Conte di Adernò che, nel 1490, la passò al Convento di San Francesco. Ma nell'epoca d'oro delle concessioni enfiteutiche degli 8.000 ettari di territorio di cui i Vescovi di Catania furono baroni, dopo la concessione fatta da Ruggero II nel 1124 al vescovo Maurizio e successivamente dopo il 1543 con il vescovo Caracciolo (1513 - 1569) conti, il quartiere acquista una notevole importanza. Alla genialità del vescovo conte Nicola Maria Caracciolo si deve il grande progetto dell'espansione demografica del territorio. Infatti il campo dove il Vescovo ebbe un gran successo fu nella sua Contea. Egli diede vita ad una grande opera di organizzazione agricola e di espansione demografica che popolò e la pianura e la collina della grande Piana di Mascali. Si deve a lui il processo di genesi, lo sviluppo, il commercio, la crescita, l'organizzazione di questo territorio che oggi abbraccia ben cinque Comuni: Mascali, Giarre, Riposto, Sant'Alfio, Milo.
Purtroppo Mascali non solo non ha studiato ed apprezzato questo eccezionale Vescovo Conte ma non gli è stata grata perché l'ignoranza delle nostre radici non sempre lascia spazio "alla luce della verità alla testimonianza dei tempi, alla maestra della vita, alla fedeltà incorrotta delle opere" come Cicerone soleva definire la Storia.
Caracciolo intuì lo strumento per valorizzare ben 8.000 ettari di territorio attraverso l'enfiteusi. (L'enfiteusi è un diritto reale di godimento su fundo altrui con l'obbligo di migliorarlo e di pagare un canone annuo; enfiteusi dal greco ENPHYTEUSIS significa letteralmente impiantare. Lo scopo per cui sorse l'istituto enfieteutico, fu quello di mettere a coltura terre abbandonate per migliorarle). Il 5 ottobre del 1558 le campane della Chiesa di S. Maria degli Angeli di Mascali, su ordine del Conte radunano diciotto abitatori della terra, in rappresentanza del popolo. E' presente il notaio Crisi Gerolamo di Taormina che dà lettura di 16 capitoli studiati e proposti dal Conte come strumento di espansione demografica e valorizzazione del territorio; all'atto è presente il Vice Capitano don Venerando Battiato e in rappresentanza del Vescovo Don Francesco Omisso. Le prime parole del documento sono un'alta testimonianza di una nuova era: "il Reverendissimo signor Vescovo promette a tutti l'habitatori della terra di non ci fare angarie tanto delle persone quanto delle bestie e che non possono essere costretti nè con denari, nè senza nè pigliarci per forza galline o altri polli contro la loro volontà ancorché ce li pagasse".
Questa precisazione è una esplicita denuncia dei soprusi che avvenivano nel territorio.
L'iniziativa del Vescovo non può essere inserita nell'ambito delle scelte nobiliari che originano le città di nuova fondazione; ma va rilevato che alla base della configurazione moderna del territorio della Contea è la decisone di concedere in enfiteusi le terre. Tale strumento è un diritto reale di godimento su un fondo altrui con l'obbligo di migliorarlo, pagando un canone. Per queste terre il Vescovo conservava il diritto di decime sui raccolti. La scelta di Caracciolo coincide con la pressante domanda della classe catanese e soprattutto acese e messinese desiderosa di investire capitali e braccia lavorative sull'onda della favorevole congiuntura cinquecentesca. E' quest'ultima ad innescare la dinamica dell'insediamento in una plaga che le testimonianze concordi definiscono, ancora nel 600, occupata da boschi, al più da pascolo. Una lunga lotta scatenò il Senato di Catania prima di questo evento per il controllo della Contea se, nel 1447, rivendicò l'appartenenza alla città del casale di Mascali. Caracciolo risolve il problema con la trasformazione radicale dell'antica denominazione silvo-pastorale del territorio con contratti enfiteutici "ad meliorandum". Toccherà poi al suo successore Michelangelo Bonadies, la difesa della distribuzione delle terre, attraverso l'enfiteusi, in quanto, per i problemi della legazia apostolica, i re considerarono un abuso l'assegnazione di tale terre. Alla fine dopo varie sentenze, la causa fu chiusa e Bonadies si proclamò: "dominus absolutus" di tutte queste terre. Di fronte alle mire di Catania e di Aci infatti e prima che un processo spontaneo di insediamento ne rendesse difficile il controllo da parte della mensa vescovile, il Vescovo Nicola Maria Caracciolo, ormai Conte, investito del mero e misto imperio, sceglie di organizzare la valorizzazione di questo territorio. Questo significato hanno i 16 capitoli dell'accordo del 5.10.1558 tra il Vescovo Caracciolo e gli "habitatori" della terra di Mascali, volti appunto a limitare i pascoli per favorire l'espansione della vite e delle altre colture. L'atto continua ad elencare altre prerogative: " tutti li cittadini et habitatori di dette terre possono tenere e pascere tutti i loro animali... dallo numero di 10 in bascio, senza pagare ragioni o diritti alcuno, purché non vadino dentro le vigne o seminati di qualsivoglia specie, iardini né difese o lochi chiusi e che non facciano danno alcuno e facendo danno lo habbianio a pagare al padrone, e tenendo bestiame da numero di 10 in suso siano tenute di pagare le ragioni dell'erbaggi dell'Ecclesia".
Pastori e pescatori costituiscono il nucleo originario degli abitanti che vengono disciplinati attraverso le gabelle della baglìa (la baglìa prevedeva le infrazioni degli animali che sconfinavano in luoghi chiusi o coltivati e le relative pene pecuniarie), della carne, del pesce, del salume per consentire un insediamento diverso che viene allettato con condizioni favorevoli. Si concede infatti a chi vorrà far case in detta terra "lo terreno bastante per lo quale abbia da pagare solamente grana cinque di censo ogni anno con l'obbligo però (notiamo che scrupolo per l'osservanza del regolamento edilizio) che la casa da costruire avesse buona corrispondenza con l'altre case, per non disturbare le strade e altre commoditate di detta terra". Nei capitoli viene fatto espresso riferimento all'uso della "restucciata" e di prendere paglia dalla aie senza pagare cosa alcuna dopo però che se ne fossero serviti i proprietari e con l'onere di portare un carico di paglia al palazzo vescovile.
Vengono ancora contemplati i diritti di pesi e misure "per li cittadini e furastieri" (che pagheranno in detta città quelli medesimi che si pagano in ditta città di Catania) c'è ancora il diritto di stabilire "le mete ai commestibili: oglio tunnina, pisci, furmaggi, cacicavalli, candeli di siu, carni salata e tutt'altri cosi che si venderanno a minuto".
Inoltre si promette di "non costringere li detti abitatori a donativo alcuno oltre l'infrascritte gabelle e si permette che possano a loro beneplacito vendere tutti i loro beni mobili e stabili e che volendo posson andare ad abitare in altro territorio".
Nel terzultimo capitolo vengono dettate le disposizione per la vita amministrativa e la rappresentanza per mezzo dei giurati eletti dal popolo. Questo elemento è un atto e della lungimiranza del Conte e della volontà dei mascalesi ad avere una voce rappresentatività in questo Contesto feudale così complicato.
"Item ordina Sua Signoria reverendissima che ogni anno per consiglio pubblico si debbano eligere sei persone cittadine ed abitatori di detta terra, li nomi dei quali portarsi scritti a Sua Signoria Reverendissima et in sua absentia al Magnifico Provvisore del Vescovo in Catania ad effetto di signare doi di quelli e farli la provisione per essere Iurati per l'anno seguente della detta terra per provvedere al bene commune delli detti cittadini et habitatori e così successivamenti si faccia d'anno in anno mutamdosi sempre li detti doi Iurati".
Si chiarisce infine che tutti questi capitoli non intendono in alcun modo che i cittadini deroghino dell'autorità costituita del capitano di detta terra del Rettore del baglio o gabelloto. Il "baiulo" o baglio era il supremo magistrato che riuniva in se la carica di capitano. Era un funzionario regio che assumeva la baiulatio cioè il complesso delle funzioni fiscali. Altra carica importante era la "catapania" che controllava le carne il pesce la frutta il sale i legumi i cereali nonché i generi manufatti e "aggiustava li pisi e misuri".
Il 6 ottobre del 1558 furono convocati in consiglio i cittadini e gli "habitatori" della terra di Mascali per l'approvazione, dopo la lettura dei sedici capitoli dalla prima all'ultima parola.
Caracciolo merita una giusta rivalutazione per quello che oggi conosciamo di lui attraverso i documenti della sua attività di Vescovo e di Conte, per aver tracciato, in questa seconda funzione, le linee di evoluzione degli stanziamenti della Contea, favorendone l'immigrazione dai territori limitrofi.
Nel corso del 600 si andrà poi configurando un insediamento per borghi e case sparse lungo un percorso che se prima concentra a Mascali in collina, le funzioni amministrative e di controllo complessivo del territorio, vede poi, nel 700, ma in maniera decisiva nell'800, spostarsi al piano e alla costa l'asse di gravitazione.
E' da notare che già durante la rivoluzione dei prezzi tra il XVI e XVIII secolo alcuni latifondisti e alcuni ecclesiastici individuarono specialmente nella Spagna, nell'enfiteusi la possibilità di accrescere la loro potenza su un maggior numero di persone e la possibilità di esportare i prodotti che ricavavano dagli enfiteuti.
Questo fenomeno nella Sicilia greca accelerò la dissoluzione del sistema feudale e segnò il processo di genesi della borghesia capace di promuovere il processo di sviluppo oltre che l'arricchimento del paesaggio agrario di Mascali, una terra ricca di acqua adagiata in gran parte sulla pianura che G. Recupero nella sua Storia Naturale e Generale dell'Etna (1815) così descrive: "Il più mirabile si è che fino al principo del corrente secolo XVIII tutta questa gran costa e parte della bassa pianura era un folto impenetrabile bosco, al più non altro eravi che qualche mandro e appena un pezzo di campagna."
In realtà il disboscamento ha avuto origine almeno a partire dal XVI secolo per intensificarsi nel secolo successivo.
Originariamente in tale processo di disboscamento il vigneto scalza il bosco il quale non riesce a sfuggire alla continua domanda di legname. Nel 1844 alla fine delle operazioni del catasto borbonico "le aree boscate risultano già asservite, ciò testimonia la scelta vinicola della nostra zona, tant'è che Riposto si afferma tra la fine del '700 e la prima metà dell'800, come centro di esportazione del vino, tra i più importanti dell'isola, anche perché, in questo periodo, il trasporto via mare costituisce per l'economia dei costi, la via maestra per gli scambi commerciali. Nella seconda metà dell'800 comincia ad apparire la coltura degli agrumi che nei primi anni del '900 inizia a soppiantare le vite, sia per la crisi del settore vitivinicolo sia per la massiccia invasione filosserica che distrugge gran parte dei vigneti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale le coltivazioni antiche vengono soppiantate dalla monocoltura agrumicola, pertanto, prima il bosco successivamente la vite scompaiono per lasciare il posto alla sola coltivazione dell'agrume".
Di certo i fasti dei vigneti e le vendemmie ricche di mosto e di coralità sono vivi nell'immaginario di tanti vegliardi così come le lunghe file di buoi che trasportavano il legname attraverso la "Trainara" e arrivavano, assieme al vino, allo "scaro" di Sant'Anna per toccare i porti più importanti del Mediterraneo. Fu quella l'età in cui grossi capitali giravano tra Giarre e Riposto e l'artigianato era fiorentissimo, testimoniando l'operosità della nostra gente e la genialità del Vescovo Conte Nicola Maria Caracciolo che al suono delle campane della chiesa di santa Maria degli Angeli, oggi sepolta dalla lava con i suoi capitoli aprì nuovi orizzonti alla nostra terra ai nostri contadini, ai commercianti agli amministratori che, nello spazio di due secoli, fecero sorgere in questi 8.000 ettari di territorio un tempo abbandonati e solo terre di pascolo ben cinque comuni, che l'intuizione del Vescovo aprì a nuova vita con l'enfiteusi, terre che la fantasia creatrice del divino poeta nella Cantica del paradiso prendendo lo spunto di Carlo Martello esalta ed eterna nella letteratura:

E la bella Trinacria che caliga
tra Pachino e Peloro, sopra il golfo
che riceve da Euro maggior briga
non per Tifeo ma per nascente zolfo,
attesi avrebbe li suoi regi ancora,
nati per me di Carlo e di ridolfo
se mala signoria che sempre accora
li popoli soggetti, non avesse mosso
Palermo a gridar fora fora

Furono gli acesi e i messinesi che riuscirono a penetrare nel territorio della Contea, ed in particolare, nel luogo che i Vescovi avevano deputato per la raccolta delle decime da conservare: "Giarre".
E' dunque evidente che la data del 21 Giugno 1681 segna l'inizio di quel processo di formazione, nel piccolo sobborgo, di una volontà - che nel tempo va prendendo sempre più corpo - di rendersi autonomo dalla mater omnium quartierorum, in vista del lento e progressivo crescere demografico ed in virtù di certi privilegi che nel tempo strapperà alla vecchia Contea la sede dell'amministrazione dei cespiti e di tutti gli introiti del Contado.
E questo processo di genesi è in sintonia con la visione unitaria della cultura cristiana che lungo i secoli segue questa spinta che parte dall'esigenza dell'aggancio religioso come primo momento della costituzione di villaggi, comunità, città, centri ove l'uomo, accanto al suo campo di lavoro, ritrova nella fede i punti di riferimento.
"Obulus populi construxit me" così infatti stava scritto sull'architrave della chiesa del '600 a Giarre, la cosiddetta di Sant'Agata e Santo Isidoro che, nel 1818, venne abbattuta perché era già pronta la nuova chiesa.
E le prime testimonianze della vita del quartiere si trovano nell'archivio della Chiesa Madre di Giarre nei libri di Battesimo, di matrimonio, e di morte.
Così ricostruiamo la prima vicenda che interessa Giarre, col primo battesimo datato del 21 dicembre1699.
Il primo cittadino del vecchio quartiere che entra ufficialmente nella storia della comunità è Tommaso Giuseppe Isidoro figlio di Francesco e Nunzia Licresti.
Il battesimo venne amministrato dal cappellano Don Giuseppe Abbate il padrino fu Giuseppe Grasso, la levatrice (l'ostetrica) la signora Maria Di Tommaso.
Questa è la più antica testimonianza il più autentico documento che, nella sua semplicità, resta nell'archivio parrocchiale di Giarre ove è anche una parte della storia, prima della costituzione della municipalità del 1823.
Nell'arco di un secolo tra il 1680 e la fine del 1700 maturarono una serie di circostanze che accreditano l'immagine di questo "borgo riottoso" come lo chiamava Mascali. Arrivano, sempre alla fine del 1600, gli Agostiniani Scalzi che si stabiliscono col loro convento vicino alla campagna e quasi nella stessa direzione della piccola chiesa di Sant'Agata e Sant'Isidoro. Ormai è certo che gli Agostiniani Scalzi di Giarre provenivano da Valverde sia per i documenti rinvenuti, sia ancora per il culto della Madonna di Valverde che hanno introdotto in Giarre.
Esiste ancora una testimonianza nella chiave dell'arco della vecchia porta di ingresso dell'antica chiesa delle "anime Purganti", così veniva chiamata la chiesa del convento, nella parte della Via (oggi) Sebastiano Lisi.
Ma la comunità emergente che si arricchisce sempre più di possessori di terre che si spostano da Acireale verso la piana di Mascali e trovano comodo l'insediamento a Giarre, portano anche gli elementi della crescita culturale. Ed ecco che su richiesta dei padri di famiglia troviamo una "petizione dei fanciulli" diretta ai Padri di San Filippo Neri di Acireale nel 1760 per istituire in Giarre un oratorio, secondo le regole della congregazione.
Sorge così l'oratorio dei Padri Filippini nel 1761 sotto la direzione di Don Angelo Rocca. La chiesa infatti - un gioiello del rococò siciliano - è la testimonianza della loro presenza. Intanto il borgo che comincia ad avere una sua qualificata rappresentanza ottiene nel 1765 da Mascali un avvicendamento di "officiali" per l'amministrazione ordinaria.
Ed in vista di trovare alleato il piccolo quartiere di Riposto nella lotta per l'autonomia da Mascali, Giarre ottiene l'apertura della strada, nel 1784, che dalla piazza Duomo scende in linea retta verso il mare. "Fuit in mense dicembris anni 1784 noviter aperta pro beneficio et commodo pubblici huius civitatis Mascalarum quaedam lata et spatiosa via, quae ex quarterio, vulgo nominato delle Giarre directa linea percursum milliarij unius, circiter, ducit ad maritium litus alterius quarterii, vulgo ditto del Riposto" (A.S. Contea, n. 3849). Lo Stradone fu aperto nel 1784 ma la deliberazione dei giurati è del 1770. Si costruì un ponte per oltrepassare il letto del torrente "Rio Canalai", che intersecava la strada. Il quartiere del "ponte" fu successivamente denominato "del Carmine", per la chiesa che nel 1857 era stata costruita in questo slargo. Nel 1807 lo stradone fu dotato di un manto stradale. Nel 1818 lo stradone fu completato anche se il suo costo apparve allora molto elevato (onze 2385 per Km. 1.800 e largo 11 metri, cioè onze 2,7 a canna - la canna era m. 2,065). Un ponte mobile in ferro ogni inverno doveva essere collocato sul letto del torrente che lo attraversava. Nel corso dell'ottocento, la rete viaria della Contea era efficiente perché consentiva di alternare al trasporto someggiato lungo le trazzere che puntavano verso la strada principale e quello carreggiato nei punti di maggior traffico. Le strade rotabili sono costituite dalla provinciale, dallo "stradone" (oggi Corso Italia) e da tre miglia e mezzo che congiungono Mascali con la provinciale in contrada Carlino. C'erano poi quelle da Macchia a Giarre, da Nunziata a Mascali, e da Torre Archirafi a Riposto.
L'integrazione fra le due comunità non fu certo un'operazione facile anche perché molto diversi erano i ceti sociali. Giarre resta prevalentemente una tipica società borghese anche se i "massari" di Giarre avevano donato a Sant'Isidoro una artistica "plancia" con dedica in argento; Riposto era una società prevalentemente dedita ai lavori della commercializzazione del vino, anche se nel suo seno non mancavano ricchi borghesi che avevano percorso rapidamente alcuni gradini sociali partendo dal ruolo di "sensali" del vino. I Fiamingo appartenevano a quest'ultimo gruppo.
Non va sottovalutata inoltre una circostanza fondamentale, cioè che Mascali si trovava attaccata a Nunziata, quindi in collina e quando, verso la fine del secolo XVII, la strada consolare che la congiungeva con Catania e Messina venne abbandonata perché una nuova strada si era aperta più piana e più comoda che, da Trepunti, passando per Giarre, arrivava a Carrubba, il declino della vecchia Mascali era stato segnato.
Diversi tentativi di accentrare la vita amministrativa a Giarre anziché a Mascali, vengono registrati nel 1768, nel 1800, nel 1801 nel 1803, nel 1811 e poi nel 1812. Le carte dell'epoca descrivono questo periodo molto chiaramente: "fu dietro l'epoca del 1812 che Mascali restò di tutto violentemente spogliata da Giarre: la casualità di trovarsi a quella epoca un borghese Capitano, fu la fatale radice di tutte quelle vicende, che oggi Mascali ha dovuto, fremendo soffrire"....( e ancor più avanti) "la desolazione e l'annientamento d'una delle due, o ambedue le popolazioni (Mascali Giarre) ne sarà il funesto risultato. Sommi legislatori, impedite l'avveramento di si fatali presentimenti. Nelle vostre mani sta pronto, e facile il rimedio. L'unico che si offre alla vostra prudenza ed alla vostra giustizia è la Collettazione del nemico Borgo e la di lui separazione dalla città." Così conclude melanconicamente Giacomo Mercurio nella sua "Risposta della città di Mascali alla memoria presentata da quel magistrato municipale al Parlamento del 1814 e 1815".
"La rivoluzione del 1812, fu la prima manifestazione dell'autonomismo siciliano e della sua natura conservatrice. Lo scontro vede contrapposti il potere istituzionale del re e il potere reale dei baroni e si risolve a tutto vantaggio di questi ultimi, attraverso l'istituzione nell'isola del nuovo parlamento modellato sull'organizzazione di quello inglese.
I baroni ottengono infatti la divisione della corona di Napoli da quella siciliana: la Sicilia, secondo la costituzione del 1812 avrebbe avuto un proprio re, residente a Palermo. [...] Una vittoria significativa al cui conseguimento avevano contribuito la presenza del contingente inglese e del comandate del Corpo di spedizione, Lord William Bentick (colui che nel 1815 firmerà, in assenza del re il Bill (decreto) di separazione di Giarre da Mascali, in quanto era stato sciolto il Parlamento il 14 maggio 1815 e il 17 il re si imbarca per Messina e poi passa a Napoli). La costituzione del 1812 viene a rappresentare il manifesto più serio e difendibile di un conservatorismo che non si identificò con la reazione [...].
I democratici, che avevano sostenuto con l'aristocrazia la rivendicazione della carta costituzionale e dei diritti della nazione siciliana, avvertirono presto il limite politico di tale condizione. Infatti allorché la rivoluzione del 1812 fu superata, a causa della mutata situazione internazionale che svuotò il controllo dell'isola del suo significato strategico (era cessato l'interesse inglese di contrastare l'egemonia francese nel Mediterraneo), lasciandola al suo destino, i democratici orientarono le loro richieste verso una costituzione sull'esempio di quella di Cadice dello stesso 1812, ritenendola a ragione, fondata su una più autentica tensione libertaria e rivoluzionaria." (Cfr. Pasquale Hamel, Breve storia della società siciliana, 1790-1980, Sellerio Editore Palermo 1994).
E il Parlamento si convinse che il provvedimento più saggio, in vista delle lunghe lotte tra Giarre e Mascali fosse quello di concedere a Giarre l'autonomia amministrativa, assegnandogli anche una fetta del vasto territorio. Così col decreto del 15 maggio 1815, perfezionato dal decreto reale del febbraio 1823 Giarre diviene comune autonomo. Il suo primo sindaco sarà Don Sebastiano Patanè Strano, come suo primo arciprete - altra conquista - sarà Don Salvatore Fiamingo strenuo difensore della sua autorità che non permise mai che Riposto ottenesse la parrocchia, anche dopo la separazione da Giarre del 1841. Solo dopo la sua morte, nel 1868, San Pietro venne elevata a Parrocchia.
Intanto a Giarre era sorta nel 1819 - ne sorgeranno poi altre - la prima scuola, presso l'oratorio dei Padri Filippini, diretta dal fondatore della nuova chiesa di Giarre il Sac. Domenico Spina le cui ossa riposano nella chiesa madre. La posa della prima pietra per il novello tempio era stata posta il 16 novembre 1794 per iniziativa del suddetto Sac. Spina Prevosto dei Padri Filippini, giarrese di nascita.
Nel novembre del 1815 arriva a Giarre l'architetto Vincenzo Maria Russo, incaricato dalla gran Corte Civile di Palermo per la formazione di una carta geometrica tipografica della zona. La descrizione che riguarda Giarre, oltre ad avere una importanza storica, acquista un valore di cose rare per l'immaginario specie per quelli che vivono ed operano in questa comunità che, per ben tre secoli di vita, ha trovato in se stessa la forza di esprimersi, sia conservando alcune attività agricole, che la distinsero nelle sue origini (il vino e gli agrumi) sia ancora trasformando vecchie strutture del suo artigianato settecentesco in eleganti negozi che attireranno l'attenzione del turista e faranno di Giarre, specialmente col suo mercato all'ingrosso, un centro commerciale, oltre che di studi e di esperti professionisti. Così scrive l'architetto: "Nel primo piano vi è situata la venerabile Chiesa Madre che è un vasto tempio nuovamente costrutto, e non ancora in tutto perfezionato, e per questa causa, le funzioni chiesastiche si adempiscono in una chiesa situata innanzi il suddetto nuovo edificio, che dicesi doveva andare a terra, compito che sarà il cennato vasto tempio, come altresì una grande casa di regio patronato, addetta all'esigenza dei censi, donativo e strasatto dalla Real Contea di Mascali; nel mezzo di questa casa si osserva una antica torre, la di cui costruzione di vestigia che rimarcai dalla natura delle fabbriche, mi fecero stabilire essere struttura Gotica. Indi siegue una piazza, in cui vi sono le botteghe delli macelli, e di venditori di commestibili, finisce infine la suddetta spaziosa strada, in comunicazione sempre d'abitazioni, toccando il sopradetto punto opposto di mezzogiorno della cennata strada consolare. Nel corso della suddetta strada, vi sono quattro botteghe di sorbetterie, un caffè, una camera di conversazione, tre orefici ed argentieri di prima opera, due botteghe di droghe e generi coloniali, quattro botteghe di panni, e telerie, una bottega di drapperie di seta, varie di coriame, varie di rame diverse di ferro, molte di lana colorata, e simili, una fabbrica di cappelli, circa 24 fabbricatori di pasta tutti colle rispettive botteghe di detto genere.
Vi sono diversi opifici di tintore, vi sono vari fabbricatori armieri di prima opera, tre fabbriche di sapone, una fabbrica di calzette di seta, e diverse fabbriche di rosoli, spiriti di vino, ed acquaviti, vi esistono ancora due armatorie, e numero 10 officine di Notai. Vi sono delle botteghe di falegname, caseggiatori di opera bianca, tornatori, intagliatori e simili. Vi sono ancora quattro grandi alberghi due grandi locande ed una piccola, due trattorie e tanti altri diversi artieri d'ogni condizione".
Giarre intanto prosperava nel commercio, ed era un punto centrale di tanti paesi dell'Etna che vi affluivano per la bontà della sua pasta, la varietà e la bravura dell'artigianato, l'organizzazione e la varietà dei suoi negozi di tessuto e di abbigliamento, la sua invidiabile posizione tra Catania e Messina e la vicinanza allo scaro di Riposto.
L'Ottocento è un secolo d'oro per Giarre anche se non mancarono momenti di tensione che si evidenzieranno nella seconda metà.
Già con l'adesione all'annessione del 1860 al "Regno glorioso di Vittorio Emanuele" la borghesia locale indica la sua specifica collocazione nello schieramento risorgimentale.
E sarà questa identificazione cosiddetta "Cavouriana" che l'accompagnerà fino al periodo fascista.
Un consiglio civico composto prevalentemente da borghesi anticlericali scateneranno una lotta tenace contro le Scuole dei Padri Filippini dopo l'unità d'Italia.
Solo la voce di Macherione si alzerà a difesa della Scuola Cattolica.
Serpeggiava già nell'ambiente la massoneria che avrà un ruolo determinante a Giarre anche oltre i confini del secolo.
Le leggi poi sulla confisca dei beni degli ecclesiastici trovarono in Giarre piena ed ampia attuazione. Così venne definitivamente chiuso l'Educandario dei Filippini, dove si erano affinate alcune e notevoli intelligenze giarresi e il convento degli Agostiniani Scalzi.
La società giarrese conclude il secolo con un gran fervore di opere pubbliche e private. Si arricchiscono i negozi, si incrementa l'artigianato, la ferrovia lega Giarre al territorio nazionale e una soddisfacente condizione di vita viene assicurata ai suoi abitanti.
Certo restano sempre quelli che in ogni tipo di società vivono ai margini: nei quartieri più poveri, ma la condizione generale era di benessere che dalla ricchezza della campagna si trasferiva nella varietà commerciale di Giarre.
A tanto benessere non poteva mancare il progresso tecnologico dovuto all'energia elettrica (che arriva a Giarre nel 1908) che tenne impegnato il consiglio civico per quasi un decennio.
Ma quello che interessa rilevare in questa rapida rivisitazione è la caratteristica laico-borghese della Giarre dell'Ottocento che la separa nettamente e dalla cultura e dalla diversa collocazione della società ripostese. Resta significativa una circostanza, al momento dell'annessione.
Riposto, sede naturale del commercio del vino, si rivolge con un inno di lode a Garibaldi, offrendogli ben 300 onze, per la sua causa e non accetta le lusinghe cavouriane dei moderati, mentre Giarre inneggiando al re Vittorio Emanuele II delibera la annessione al regno d'Italia.
Sono fatti che vanno rivisti per capire tutta la storia recente che, dopo il fascismo, si svilupperà riprendendo le matrici fondamentali dell'Ottocento sia per Giarre come per Riposto.
Ma i rapporti tra le due città, Giarre e Riposto, anche dopo l'ultima separazione del 1841 si riacutizzano dopo quasi 100 anni, durante il periodo fascista: Infatti il decreto del 9.5.1939, XVIII E.F. n. 1790 riunisce i due comuni con la denominazione di Giarre-Riposto; successivamente il decreto del 12.5.1942, XX E.F. n. 974 autorizza il comune di Giarre e Riposto unificato ad assumere la denominazione di "Ionia". L'ultimo decreto, dopo il fascismo, che è un decreto del Luogotenente del Regno del 22.9.1945 ripristina la situazione esistente prima del 1939, ricostituendo i comuni di Giarre e di Riposto e abrogando il precedente decreto.
Il periodo fascista fu governato nei comuni dai Podestà che erano cariche non elettive ma governative. Uno di questi, la cui fama ancora dura fu il commendatore Michele Grassi Barbagallo detto "Ciucia", soprannome che gli derivava dallo zio, secondo arciprete di Giarre, don Salvatore Grassi.
Fu un uomo arcigno e severo, amministratore di chiara fama soprattutto per la sua onestà. Durante il suo governo furono realizzate molte opere pubbliche, soprattutto la rete fognante. Furono attivate le scuole già esistenti: quella di avviamento al lavoro, quella media e il ginnasio che aveva sede nella via Nicolò Tommaseo nel palazzo che fa angolo con la via Calderai (posto conosciuto dagli antichi come "u chianu di l'angilu", palazzo pervenuto al Comune con la confisca dei beni dei religiosi nel 1886. La fine dell'800 e l'inizio del 900 segnano per Giarre un periodo di grande rinascita per la realizzazione della rete elettrica e per l'arrivo dell'acqua potabile anche se gli ultimi rancori dell'Amministrazione massonica scatenarono nel 1908 una lotta accanita con l'arciprete don Carmelo Patanè per il possesso del famoso arazzo di antica fattura, che ancora oggi trovasi nella Chiesa Madre e che il Comune rivendicava a se stesso. Questo profilo storico non va oltre il limite del 900 perché questo secolo, essendo molto vicino a noi non ci consente una serena esposizione dei fatti. Peraltro non mancano monografie o scritti sul periodo fascista sulla Grande Guerra, sulla Seconda Guerra Mondiale, sulla nascita, dopo il '46 della vita democratica. Questo lavoro si conclude con la descrizione di un testimone oculare del 1908 allorquando Giarre venne illuminata per la prima volta.



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Il centro di Giarre è costituito da via Callipoli e via Archimede, oggi corso Italia. Sulle due vie si affacciano molti palazzi costruiti dalla ricca borghesia di fine Ottocento e inizi del Novecento, in gran parte proveniente da Acireale.
Nella piazza principale (piazza Duomo) si trova la chiesa Madre, splendida costruzione neoclassica dedicata a S. Isidoro Agricola. Fu iniziata nel 1794 e la sua facciata è sormontata da due campanili a base quadrata con quattro orologi. Il progetto della facciata è dell'architetto Pietro Valente, noto per aver realizzato altre importanti opere del genere e, in particolare, il teatro di Messina. La costruzione del Duomo durò parecchi anni e fu completata dall'architetto Sada nel 1888.
Al suo interno opere pregevoli, tra le quali un quadro attribuito alla scuola di Paolo Vasta, raffigurante la Vergine e i Santi e un altro del 1849, opera dei calatini Giuseppe e Francesco Vaccaro. Altri dipinti ad olio sono quelli del martirio di S. Sebastiano, ad opera di uno dei maestri locali, il martirio di S. Agata, realizzato dai fratelli Vaccaro e due tele di Giuseppe Rapisarda raffiguranti la Vergine SS. del Rosario (1831) e l'agonia di S. Giuseppe (1832). Il Duomo conserva anche un arazzo rosso con al centro un'aquila con una croce sul petto. Sull'arazzo si nota anche uno stemma dei Borboni e le iniziali C.G. (città di Giarre) e sette torri.
Altro affresco di notevole valore, attribuito a Paolo Vasta, è quello dell'arcangelo Raffaele con Tobiolo. Sulla porta d'ingresso alla sacrestia il dipinto, anche questo attribuito a Paolo Vasta o alla sua scuola, proviene dalla vecchia chiesa di Sant'Agata e Sant'Isidoro, esistente dalla fine del 1600. Una lapide in marmo dopo l'ingresso della porta centrale del nuovo tempio, sulla parte sinistra, dettata da Monsignor Michelangelo D'Amico, vicario della Diocesi, durante l'arcipretura di don Tommaso Leonardi (1920-1936) ricorda poi la data della posa della prima pietra come già detto nel 1794, per iniziativa del Vicario Domenico La Spina, prevosto dei P.P. Filippini.
La chiesa del convento risale alla seconda metà del XVIII secolo, periodo in cui giunsero a Giarre gli Agostiniani Scalzi che la fecero costruire insieme all'annesso convento. Oggi purtroppo versa in stato di abbandono ed è chiusa al culto. Il convento e l'orticello annesso, a seguito delle leggi eversive del 1866, 7 luglio relative alla soppressione dei beni ecclesiastici, era dove oggi c'è il cosidetto Palazzo di Sant'Agostino, già sede del Ginnasio, del Liceo dell'Istituto Tecnico Industriale "E. Fermi" nonché delle scuole elementari.
Il Santuario di S. Maria La Strada, dista circa due chilometri dal centro di Giarre e si trova sulla nazionale Catania-Messina, nella frazione omonima. La tradizione vuole che in questo piccolo centro Ruggero il Normanno fece costruire un luogo di culto in ringraziamento per la vittoria sugli arabi. L'attuale chiesa è una tipica costruzione dell'architettura settecentesca siciliana. Il santuario è meta di numerosi pellegrini che ogni anno anche da centri del messinese vengono a venerare questa graziosa Madonna. Il "pozzo di Ruggero", chiamato così perché sempre sull'onda della tradizione venne fatto costruire da Ruggero il Normanno. Il Pozzo si trova di fronte al santuario, e una lapide in marmo ne richiama il ricordo storico.
La chiesa del Carmine, costruita verso la metà del secolo scorso (1857) da don Rosario Grasso detto "Panza Dannata"), si trova in piazza S. Francesco d'Assisi ed è affidata ai Padri Cappuccini, fin dal 1924, quando gli stessi si insediarono a Giarre, chiamati da D. Tommaso Leonardi arciprete di Giarre.
Altra chiesa antica è quella della Badia del 1883, in Via Stovigliai, detta anche di Sant'Antonino, dove c'era una ruota per i proietti (figli illegittimi) e fu la sede del primo orfanotrofio di Giarre che nel 1901 venne aggregato alla Casa della Divina Provvidenza, affidata alle suore del Boccone del Povero. Tale chiesa è però dedicata alla presentazione al Tempio infatti nel suo interno c'è una pittura ad olio che raffigura l'evento.

 

ASPETTI NATURALISTICI

La superficie del territorio di Giarre che ricade all'interno del Parco dell'Etna è di un ettaro.
Il territorio di Giarre costituisce un patrimonio paesaggistico e naturale di grande valore. Dalla piazza principale si può ammirare, in tutta la sua imponenza, il vulcano: l'Etna. Nelle campagne, filari di alberi secolari, terrazzamenti costruiti da generazioni di lavoro, vigneti e frutteti che sembrano modellare le pendici dell'Etna, lo spettacolo offerto dalla varietà di colore delle numerose piante spontanee, le abitazioni rurali. Un insieme di sistemi insediativi (paesi borghi, casolari sparsi) il cui valore è dato dalla spontanea armonia che l'insieme racchiude.
I segni caratterizzanti il territorio etneo di Giarre (edifici, coltivazioni, mulattiere, filari, alberi sparsi) sono frutto di tecniche agricole, materiali ed abilità manuali legati al passato e quindi oggi ben difficilmente riproducibili. L'Etna rappresenta una unità territoriale che si diversifica in relazione all'altitudine, sia nei suoi aspetti geomorfologici e climatici e sia nella componente vegetazionale-floristica e faunistica. E' un'isola di bellezze nell'isola Sicilia.

 

ECONOMIA, TURISMO, PRODOTTI TIPICI

Così veniva cantato il centro di Giarre dai visitatori dopo la bonifica dei primi "inquilini" del Vescovo Conte: "L'assiduo passaggio nelle Giarre chiama un commercio attivo con vari luoghi e città del regno, per la fabbrica della pasta, per la vendita dei grani, acciaro, rame, canapa, vini, lini e generi simili che si commerciano nelle Giarre in cui vengono a provvedersi le città e i comuni delle vicine campagne. Giarre poi per la centralità della sua postura, per l'estensione delle proprie relazioni, per il prodigioso interno suo commercio cogli innumerevoli comuni finitimi Calatabiano, Piedimonte, Linguaglossa, Randazzo, Francavilla, Castiglione, Taormina, nel miluogo tra Messina e Catania, punto di ferma per le reali truppe per la sua topografica posizione alle falde deliziose dell'Etna gigante, specchiantesi sui limpidi cristalli del Mediterraneo, con i suoi mille edifici... A Giarre tributano i loro frumenti, le granaglie, le lane e gli eccellenti baci (baco da seta) Randazzo, Castiglione e Francavilla; gli squisiti preziosi bozzoli in seta Calatabiano e Piedimonte; Mascali e Nunziata vi apportano gli aranci, i limoni, i cedri che, percorrendo su innumeri carri la via consolare per Catania e Messina, spingono dai loro porti tanti prodotti agricoli nelle contrade dell'Europa e fino in quelle della lontanissima America. A Giarre toccono la canapa e i lini che, indensilissimi fili ridotti dalle nostre industriose donne, trasformansi in ottimi tessuti, che nonostante l'imperfezione dei telai e la assoluta carenza di macchine, si attirano tuttavia l'amministrazione dello straniero, a Giarre infine scendono i pomi, le pere, le pesche, le prugne, i melograni e tutte le altre ricchissime produzioni dell'Etna da cui son dirette alle principali città della isola e in gran parte financo all'estero.
Giarre e i suoi sobborghi quali Macchia, S. Giovanni, S. Alfio, Dagala, Milo, borgo Strada, Altarello, Peri, Tagliaborsa, S. Leonardello, S. Matteo, Ballo, Spoligni, distribuiscono alle più importanti città dell'isola e ai principali mercati d'Italia e d'Europa le eccellenti mandorle e i suoi vini."
Oggi i settori più importanti dell'economia giarrese sono l'agricoltura, il commercio, l'artigianato, l'edilizia e il turismo. Nel settore dell'artigianato sviluppata è l'attività riguardante la produzione di oggetti in ferro battuto e la vendita di tradizionali strumenti di lavoro della fine del secolo. Molto fiorente è la produzione di giare in terracotta e assai ricercati sono i restauratori di mobili antichi. Sviluppato anche il commercio del vino, degli agrumi e delle patate. Giarre vanta anche la tradizione dei pastifici. Fu Alfio Fresta, nel lontano 1924, tornato dall'America ad attivare a Giarre il nuovo metodo meccanico di produzione, seguirono poi quelli di Garufi e di Venuto. Fino a quell'epoca i 24 pastifici presenti nella città producevano la "pasta d'ingegno" fatta cioè con strumenti di legno. Oggi rinomato è il pastificio dei fratelli Strano.
Giarre è sede di uno dei più grandi mercati all'ingrosso della riviera ionica rifornendo con le sue merci diverse città, tra cui Taormina.
Il turismo sta decollando grazie anche ad alcune manifestazioni che richiamano gente da tutto l'hinterland. Tra queste, la festa del santo Patrono, S. Isidoro che si svolge l'ultima domenica di maggio. Molto sentita dai fedeli è la calata del calvario che si svolge il Venerdì Santo e che vede la partecipazione delle confraternite originarie del '700. Lo svincolo autostradale rende Giarre una tappa obbligata per chi vuole intraprendere il suo viaggio verso la montagna e per altri caratteristici paesi etnei. Tra le manifestazioni, la "Giara d'Argento" premio di operosità e il premio internazionale di giornalismo intitolato al giarrese Alfio Russo e organizzato dal club Sicilia Nuova. Tra le sagre, quella della rose e delle ciliegie, produzioni caratteristiche di Macchia.
Per Pasqua caratteristica è la mostra dei pani e dei dolci siciliani. A Trepunti si svolge la mostra dei fiori. Da segnalare anche la manifestazione "Cani in passerella" e per gli sportivi la cronoscalata automobilistica Giarre-Monte Salice-Milo.
Durante le feste e le sagre è possibile gustare prodotti tipici della cucina giarrese, tutti legati alla vecchia e semplice tradizione contadina.
Da visitare nella frazione di Macchia il museo delle genti dell'Etna.

Sebastiano Fresta

 

DOCUMENTI

1) Bill di separazione di Giarre da Mascali - 15 maggio 1815.
2) Decreto della divisione del territorio di Mascali e Giarre - 28 febbraio 1823 Vienna.
3) Decreto di separazione di Riposto da Giarre - 17 aprile 1841 Napoli.
4) R.D. 9 novembre 1939, XVIII E.F., n. 1790 Riunione dei comuni di Giarre e Riposto.
5) Decreto 12 maggio 1942, XX E.F., n. 974 Autorizzazione al Comune di Giarre e Riposto in provincia di Catania, ad assumere la denominazione di Ionia.
6) Decreto legislativo Luogotenenziale 22 novembre 1945, n. 654 Ricostituzione dei comuni di Giarre e Riposto, in provincia di Catania.
7) Decreto di unione tra Giarre e Riposto.
8) Erezione della chiesuola di Sant'Agata e S. Isidoro in sacramentale 1699.
9) Il problema dell'arazzo della chiesa - 18.2.1908.
10) Il Problema dell'arazzo della chiesa - 23.2.1908.
11) Atto dichiaratorio dell'arc. Patanè per l'arazzo della chiesa.
12) Preghiera.

 

INTRODUZIONE DELL'AUTORE

Queste notizie su Giarre, la nostra terra madre, sono una chiara testimonianza dell'affetto mai offuscato per la terra benedetta da Dio e da Sant'Isidoro. Terra che ci ha dato i natali. Ogni angolo del suo territorio, ogni chiesa, ogni viuzza, ogni slargo per giocare, tutte le persone incontrate, durante il nostro viaggio e che abbiamo avuto la fortuna di conoscere e di stimare, sono vive con noi in queste pagine, dedicate ai lettori, soprattutto giovani, affinchè coltivino nel loro immaginario la ricchezza del quotidiano, trascorso nei luoghi dell'infanzia e affinchè non dimentichino l'invito di Plutarco:
"sono nato in un piccolo villaggio
e affinchè non diventi ancora più piccolo,
canto il padre suolo"

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